INQUINAMENTO OUTDOOR

Inquinamento atmosferico urbano

L'aria di Città del Messico è tornata (quasi) respirabile

L'intervento pubblico volto allo scoraggiamento del trasporto privato, lo spostamento delle industrie pesanti e l'imposizione della marmitta catalitica hanno abbattuto in vent'anni la concentrazione degli inquinanti 

di Stefano Lamorgese 29 ottobre 2014

Quando si parla di Città del Messico, la capitale del grande paese latino, la memoria collettiva, in genere, ricorda principalmente due fatti. Primo: che è una delle città più estese e popolose del mondo; secondo: che è una delle più inquinate.

La prima notizia era ed è tuttora vera: Città del Messico è il più popoloso agglomerato urbano dell'emisfero occidentale e conta oggi più di 21 milioni di abitanti, con stime che ne prevedono un ulteriore incremento nei prossimi anni.

La seconda notizia - suffragata da tutti i rilevamenti atomosferici fino a vent'anni fa e sancita da un documento dell'ONU del 1992 - oggi va parzialmente corretta: l'aria dell'antica capitale azteca non è più velenosa come in passato.

Lo spiega la Harvard Gazette, la rivista online del prestigioso ateneo statunitense, nell'articolo "Coming up for air" (Una boccata d'aria).

Vi si spiega che le autorità statali e cittadine, soffocate anch'esse dall'aria irrespirabile, all'inizio degli anni Novanta del secolo scorso intrapresero una coraggiosa quanto non più rinviabile serie di misure, tutte volte ad aggredire il fenomeno dell'inquinamento atmosferico.

Il traffico automobilistico densissimo e i fumi prodotti dai numerosi impianti industriali attivi nell'area urbana si aggiungevano problematicamente alla posizione della sterminata città, che sorge in una valle circondata da alte montagne. Insomma: la dispersione degli agenti inquinanti, che per lunghi anni avevano reso l'aria della capitale davvero irrespirabile, era quasi impossibile.

L'immagine degli uccelli in volo che cadevano a terra morti, soffocati dai fumi, era purtroppo consueta. E dava ragione a chi, come lo scrittore Carlos Fuentes, ci scherzava sopra, chiamando la sua città "Makesicko City" (gioco di parole incardinato sul suono del nome in inglese, intraducibile ma corrispondente a un approssimativo "Città che ammala"). Ma anche il grande Octavio Paz ammetteva che vivere a Città del Messico significava prendere la polmonite due volte l'anno.

Ora la situazione sembra essere cambiata
Dal 1992 a oggi la quantità di piombo contentua nell'aria si è ridotta del 90%. E anche i componenti solforosi si sono ridotti di più di due terzi. Un risultato importante, ottenuto con una politica drastica: chiusi i trasferiti gli stabilimenti industriali, è ststa imposta la marmitta catalitica ai veicoli e si è cominciato a disincentivare con continuità il trasporto privato.

Aria pulita?
Se è vero che i principali inquinanti di vent'anni fa sono stati ridotti così sensibilmente, non si può certo dire che l'aria di Città del Messico sia diventata improvvisamente salubre.

Secondo un rapporto dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS in italiano, WHO in inglese) diffuso nel 2014, infatti, Città del Messico è tuttora una città molto inquinata.

Prendendo come parametro il PM10 (le particelle volatili di dimensioni uguali o inferiori a 10 millesimi di millimetro), per esempio, l'aria della capitale messicana risulta tre volte più inquinata di quella di Roma (che non scherza!) e si pone allo stesso livello di città dall'aria veramente mefitica, come l'iraniana Tehran e la ciense Shanghai.

In conclusione
Se le politiche adottate a Città del Messico nel corso dell'ultimo ventennio hanno dato certamente buonissimi frutti, c'è da dire che il lavoro da fare è ancora tantissimo. Per dirla con Octavio Paz: di polmoniti, a Città del Messico, ora se ne prende una sola l'anno. Megli di niente, ma non è il massimo.

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