MOBILITA' DI AMPIO RESPIRO

In termini di mobilità sostenibile, il futuro sembra prometterci mirabilie. Dalla vettura a guida autonoma (intelli-sense di IV livello) al controllo domotico di parametri essenziali quali temperatura etc. Ma allo stato dell’arte, facciamo i conti con un aumento dei tempi di percorrenza urbana con una media standard di circa 2 ore/die di vita in auto. Questa, dopo l’ambiente di lavoro ed il domicilio, è ormai la nostra terza residenza, una dimora viaggiante nella quale cerchiamo comfort per un viaggio in sicurezza.

Da qui deriva l’interesse per la qualità dell’aria respirabile nell’abitacolo della vettura (Car Indoor Air Quality) perché, nell’abitacolo ambiente confinato, il rinnovo dell’aria avviene quasi sempre da fonti inquinate(a meno di trovarsi su strade d’alta montagna). Basti pensare che le prese d’aria delle auto sono poste sul frontale del veicolo e sono quindi particolarmente esposte ai gas di scarico delle automobili che ci precedono e ci affiancano. In assenza di ricambio efficace d’aria, nel giro di pochi minuti l’abitacolo si riempie di sostanze nocive, come anidride carbonica (CO2), monossido di carbonio (CO), anidride solforosa (SO2), ossidi di azoto (NOx), acido solforico (HSO), benzene(C6H6) e così via (inquinanti esogeni).

A ciò si aggiunga che l’abitacolo è sede di inquinanti endogeni, prodotti dall’uomo che vi staziona, anidride carbonica nella misura di 4-5 litri/m’, monossido di carbonio e PM10 se vi si fuma, oltre alle sostanze derivate dal fumo passivo. Da ciò deriva la nostra attenzione circa gli effetti di detti inquinanti sul guidatore anche perchè essi sono altamente concentrati in un abitacolo piccolo e che il tempo di esposizione può essere più o meno lungo a seconda della permanenza in vettura. Basti pensare che in 10’ di fumo di una sigaretta si raggiungono  250 ppm di PM10 e circa 350 nel caso di due sigarette fumate, valori che sono 5 e/o 7 volte il limite massimo fissato dalla CE per la qualità dell’aria outdoor. Se dunque l’ambiente esterno outdoor è oggetto di interesse per l’alta morbosità di malattie respiratorie a lungo termine, quello indoor deve essere monitorato per la possibilità concreta di tossicosi acute.

Grande attenzione va dedicata alla temperatura che, nell'abitacolo, dipende da quella esterna ma anche dal numero di passeggeri. In inverno la superficie vetrata viene appannata dalla traspirazione di quattro passeggeri in tempi rapidissimi mentre con il solo guidatore dopo una o due ore. Ciò è dovuto alla produzione polmonare di vapore acqueo a 37ø e di anidride carbonica (CO2) nella misura che va da di 80 a 100 litri/ora/pro capite. Ne consegue che l'abitacolo necessita di ricambio dell'intero volume ogni ora con 1 passeggero,ogni 30 minuti con due e così via. Su di essa la climatizzazione agisce subito, riducendola del 20-30% sin dai primi 10-15 minuti di applicazione, ciò che in certi casi è una caduta verticale dell'umidità d'aria respirabile. Se da un lato se ne consiglia l'uso anche in inverno per questo motivo, è anche vero che la sottrazione di umidità deve avvenire nell'abitacolo in modo controllato perchè la ventilazione secca, utile in periodo invernale e gradevole in estate può rivelarsi potenzialmente nociva per le vie respiratorie.

È noto infatti che l'aria fredda secca,irritante per le via bronchiali,evoca tosse nel soggetto sano e crisi d'asma nel bronchitico e nell' asmatico. Fenomeno parimenti negativo si verifica al livello del naso che, vasodilatandosi, dà la sensazione di "chiusura". In effetti anche il soggetto sano,esposto alla respirazione di aria fredda,quanto meno starnutisce (espirazione esplosiva da stimolazione nasale riflessa). La soluzione,già intravista in laboratorio, è quella umidificare l'aria fredda che si inala,quindi l'igrometro è considerato dispositivo essenziale per una corretta climatizzazione.

Esiste dunque la possibilità che l'automobilista, affetto da bronchite cronica o da asma bronchiale, essendo spesso sudato ed accaldato anche per la sua stessa malattia, attivando il climatizzatore, possa presentare fenomeni di broncospasmo o comunque malessere respiratorio con notevoli rischi, specie quando le variazioni termiche sono brusche o i gradienti alti. Il freddo, ancorché secco ossia deprivato di umidità, comporta la riduzione della clearance mucociliare, quel fenomeno fisiologico che consente di trasferire all’esterno le secrezioni nasali e bronchiali che si formano in continuazione, anche nel soggetto in pieno benessere. La riduzione della clearance mucociliare costringe il soggetto sano a tossire o soffiarsi il naso, con una distrazione dal volante pari a 1-2 secondi di guida cieca. Pertanto è utile verificare in laboratorio specializzato la risposta bronchiale e nasale al freddo qualora il soggetto voglia acquistare o utilizzare,se ne sia  già in possesso, una vettura dotata di climatizzatore.

Sono questi i meccanismi che poi danno luogo ad episodi di cefalea, stanchezza, irritazione, fenomeni tutti idonei ad abbassare la risposta neurosensoriale agli stimoli esterni , ciò che si traduce in riduzione della performance di guida